Testo tratto dalla rubrica Nella pancia del vino “dedicata a riflessioni enologiche e a degustazioni “scritte” delle bottiglie e dei loro significati culturali.“
di Marco Scarpa

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Tenuta Grillo – Pecoranera 2003: cos’è la “mano” del produttore? Si dice che alcuni vignaioli sappiano rendere assolutamente riconoscibili i propri vini, gli diano una loro impronta, siano lo specchio del loro essere, sappiano imprimere al vino un tratto distintivo. Questo è uno dei casi più emblematici per me. Tenuta Grillo è la creatura di Guido Zampaglione e sua moglie Igiea Adami. Siamo nel basso Monferrato, su un altopiano attorno ai 350 metri. Il terreno è sabbioso limoso e dunque, seppur privo di pendenze, in grado di drenare molto bene l’acqua. La filosofia produttiva è ben definita: selezione maniacale delle uve, raccolte a più riprese, basse rese, lunghissime macerazioni, solo lieviti indigeni, fermentazione spontanea in vecchie botti grandi di legno. Ma non è tutto. Guido Zampaglione è natio dell’Irpinia e pure in Campania si era fatto la nomea di vignaiolo coraggioso vinificando un Fiano macerato a 800 metri di altezza. Ma poi la sua storia l’ha portato a ricercare altri vigneti e, dopo tanto girovagare, si è stabilito in Piemonte, patria di grandissimi vini. Lì, dopo le prime vendemmie a inizio anni duemila, era appunto visto come la Pecoranera (da cui il nome del vino) e i suoi vini troppo scontrosi per divenire delle gemme. Ecco, qui la coerenza e la lungimiranza di un uomo sono il riassunto che si può assaggiare con i suoi vini. Il Pecoranera esce dopo circa dieci anni dalla sua cantina e berlo è pura gioia esplosa, pura vita che contagia chi ne può godere. Nello specifico si tratta dell’unione spirituale del 75% di Freisa, con il suo tannino persistente, insieme a un 10% di Barbera, con la sua acidità ficcante, e con un 10% di Dolcetto più 5% di Merlot, ad ammorbidire il tutto. La grande bellezza in questo uvaggio è che le varie componenti si sentono tutte: acidità, freschezza, tannini, persistenza, morbidezza. Un vino che, bicchiere dopo bicchiere, ti mostra tutte le sfaccettature della sua anima. Un vino di cui riempirsi le guance godendo della sua succosità. Ribes, more, sogni viola, potenza di frutto ma pure ginepro, eucalipto, liquirizia, cacao, note lievi di ferro. Una gabbia fatata in un universo speziato. Questo in definitiva non è solo un vino, è l’essenza di una storia, di un percorso umano, è la sintesi di una filosofia di vita che ha portato una persona a confrontarsi con un territorio e dei vitigni nel rispetto della tradizione ma pure con piglio deciso e accorto. Torna il nome, Pecoranera, simbolo di coraggio, in questo caso. Lavorare/vivere con il proprio passo, al di fuori del vociare, al di fuori delle critiche, tracciando un percorso nuovo, come uno scalatore su di una cima inesplorata.